Il marketing nell’era dei Big Data

Durante l’estate ho letto molto e macinato chilometri per mantenermi in forma, in sincerità ritengo sia la migliore attività per ossigenare il cervello e trovare nuovi per articoli per il mio blog. Non ci crederete, ma fatica e sudore mi hanno fatto pensare al marketing nell’era dei Big Data. Perchè questi pensieri durante una normale sessione di jogging? Ho pronta una risposta per voi.

Poche ore prima di calarmi nella parte dello sportivo, mi trovavo completamente immerso nel relax di una spiaggia, a pochi metri dal mare, con in mano una copia di Focus, una rivista nota a molti. L’articolo che stavo leggendo festeggiava i loro primi 20 anni di vita mostrando foto che ricordavano le tecnologie che facevano sognare persone e redattori della rivista ai tempi del loro primo numero in uscita. Le immagini mi hanno fatto riflettere sulla diversa quantità di informazione disponibile all’epoca. Ad esempio i supporti tecnologici non potevano contenere grandi quantità di informazioni, e le velocità di calcolo disponibili erano limitate, per non parlare della connessione internet, notevolmente più bassa se confrontata con l’ADSL comunemente utilizzata oggi.

Ma cosa centra tutto questo con il marketing ed i Big Data? Procediamo per punti. Per definizione il marketing è un’attività dell’impresa volta ad ottimizzare tutti i fattori che permettono di migliorare la commercializzazione di merci o servizi offerti, mediante la creazione, l’individuazione e lo stimolo dei bisogni dei consumatori, associata alla proposta di prodotti o servizi idonei per il soddisfacimento dei bisogni stessi, facendo leva su: caratteristiche, prezzo, pubblicità, promozione, canali di distribuzione e rete di vendita [Il dizionario dei termini di Marketing e Pubblicità, Italia Oggi]. I Big Data invece sono un concetto più recente, non sono solamente una grande quantità di dati espressa con unità di misura (Dai Kilobyte ai Yottabyte), non un semplice storage e nemmeno semplici database relazionali composti di righe e colonne, bensì dati raccolti da fonti di diverso tipo, non necessariamente strutturati secondo un ordine prestabilito, ma possono rappresentare testi sparsi, immagini, suoni, filmati e tutto ciò che può essere soggetto ad un’analisi semantica, sostanzialmente sono tutto ciò che offre la rete ed i social network.

Questa enorme quantità di dati può generare problemi connessi ai tempi di elaborazione, che possono però ridursi con l’impiego di tecnologie di analisi evolute, disponibili in forma di software, hardware e connettività. Tutto questo fino a qualche anno fa era naturalmente impensabile. Per capire la connessione tra marketing e Big Data penso sia utile mostrarvi un’immagine che spieghi la differenza tra il concetto di dati, informazioni e conoscenza.

L’immagine visualizzata a sinistra rappresenta lo schema della gerarchia piramidale del Knowledge Management (approfondimenti), una teoria pragmatica alla base ormai di qualsiasi realtà aziendale pubblica e privata. Esso è uno strumento fondamentale per aziende/istituzioni che vogliono gestire la conoscenza della propria organizzazione sfruttando le potenzialità dell’Information and Communication Technology.

Alla base di questa piramide vi sono i dati, ovvero le unità informative primarie, materiale grezzo ed abbondante, che una volta selezionato ed organizzato passa al livello successivo dell’informazione. La differenza tra dati ed informazione consiste nella possibilità di quest’ultima di essere comunicata, ovvero i dati assumono significato in quanto vengono messi in relazione ad un determinato contesto. Il terzo stadio è la conoscenza, ovvero l’utilizzo delle informazioni ri-elaborate che permettono l’assunzione di decisioni e lo sviluppo di azioni. Naturalmente la saggezza è l’ultimo stadio e rappresenta l’intuizione e l’esperienza.

Un esempio vi spiegherà meglio come funziona nella pratica il Knowledge Management. Immaginate di avere una serie di dati inerenti i vostri clienti. Ogni cliente ha naturalmente un nome, una professione, un titolo di studio ed un genere. Questi sono i dati, le unità informative primarie che abbiamo definito grezze. Iniziamo ad aggregarli per le proprietà che abbiamo ed otterremo delle informazioni. A questo punto sapremo che una percentuale di clienti ha un determinato titolo di studio, conosceremo come è ripartito il loro genere e le loro professioni. Utilizzando una generica piattaforma estrarremo dei dati in base a queste informazioni, ad esempio chiedendo al nostro software di rivelarmi quante persone con quel titolo di studio, quella professione e genere hanno acquistato il mio prodotto a Milano. Quest’ultimo passaggio è la conoscenza, ovvero il processo decisionale che “terminerà” con le scelte di marketing.

I Big Data permettono di andare oltre (vi ricordare la definzione data al terzo paragrafo?). Oggi grazie ai social media si può infatti analizzare il traffico di pagine e profili Facebook, Twitter e Linkedin, misurare il coinvolgimento e l’uso che si fa di un brand in rete verificandone gli umori che suscita (commenti, immagini e video associati) e monitorare la reputazione digitale di un’azienda. Insomma si posseggono adeguati strumenti per comprendere il senso che le persone danno alle organizzazioni offerenti prodotti e servizi. Ciò oltre che ridurre notevolmente il rischio nei processi decisionali, permette alle aziende di soddisfare meglio i propri clienti ed individuare nuove nicchie di mercato difficilmente visibili.

Naturalmente la complessità viene innalzata, ma le opportunità per il marketing sono enormi.

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